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Riflessioni su San Martino di Tours

Martino di Tours

San Martino di Tours

L’11 novembre si celebra in Occidente la figura di san Martino di Tours, nato in Pannonia (l’attuale Ungheria) nel 316 o 317 e morto l’8 novembre 397. La commemorazione di Martino, fatto santo dalla Chiesa cristiana per la sua vita di uomo straordinario e per i miracoli che gli furono attribuiti, avviene nel giorno della sua sepoltura presso Tours (Francia), l’11 novembre 397 appunto.

In quanto figlio di un ufficiale dell’esercito romano, Martino all’età di 15 anni fu costretto dalla consuetudine dell’epoca ad affrontare la carriera militare. Si arruolò, pertanto, nell’esercito e fu inviato in servizio in Gallia. Proprio nell’odierna Francia avvenne il fatto che cambiò per sempre la sua esistenza. Mentre andava a cavallo, un giorno incontrò un mendicante seminudo, che pativa i tormenti del freddo invernale. Impietosito, egli decise di tagliare a metà il suo mantello di cavaliere per donarne una parte al povero errabondo. Il mendicante ringraziò, commosso, e Martino, ebbro di riconoscenza e affetto, tornò al suo percorso. Tuttavia, quella notte, dopo che si era coricato, gli apparve in sogno Gesù, che parlava con queste parole, dolci d’amore: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Quando Martino si svegliò, vide il suo mantello nuovamente integro e sentì di dover approfondire questo mistero inspiegabile. Abbandonò per sempre la carriera militare e si dedicò allo studio e all’ascolto della parola di Dio.

Prescindendo dall’aspetto religioso della vicenda, che è importante ma non essenziale, la qualità di san Martino di Tours che emerge in maniera più nitida è proprio la carità verso il prossimo. San Martino riconosce nel mendicante la dignità di un uomo che va rispettato e tutelato, l’occasione che il destino gli ha dato di salvare un suo simile in grossa difficoltà. Dunque, egli decide di donare una parte di sé (l’anima) e la metà del suo mantello, segno distintivo della ricchezza cavalleresca. Perché è con l’aiuto a chi soffre che l’uomo può eternare la propria esistenza a dispetto della morte, garantendosi una fetta di paradiso, nascosto proprio nella luce degli occhi di chi beneficia della nostra solidarietà.

Se san Martino di Tours fosse vissuto nella nostra epoca, magari avrebbe scritto queste parole…

La felpa di un Gadžo ( = non-Rom)

Namaste, amal! (Ciao, amico!)
Quante cose vorrei raccontarti,
in quale lingua scegli tu,
parole in libertà
sospese nel vuoto dei tuoi scorbutici silenzi.

Bisogno di quotidianità,
discutere con gli occhi,
inseguire frasi fatte,
così banali da esser rassicuranti
nella Babele di suoni
in cui siamo immersi.

Il mondo sembra impenetrabile ai nostri pensieri,
partorisce eventi che non riusciamo a comprendere,
ragiona in un modo che non ci appartiene,
premia alcuni e condanna tanti altri,
inibisce severo il nostro poter scegliere.

È così che i sogni volano alla ricerca di un altrove,
di un mondo possibile,
in cui, magari, il tuo vivere all’addiaccio
ti protegga almeno dal vento della discordia,
che soffia dalla notte dei tempi
sulla pelle tua e della tua gente,
e le mie qualità morali
prevalgano sulla condanna
a rimandar sempre al domani
la costruzione dell’oggi.

E se poi il destino,
un giorno,
dovesse dichiarare antitetiche
le nostre due esistenze,
ci sarà sempre quella felpa bianca,
prima mia, adesso tua,
a stabilire un contatto fra di noi,
metafora dell’empatia
che fa scorrere l’amore umano
da un vaso comunicante all’altro.

San Martino di Tours | Riflessioni

Esperimento mentale: San Martino di Tours nel XXI secolo… Una riflessione sul valore della carità.

Stefano Airoldi,
un omaggio a U Velto

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1 Comment

  • Reply
    Una Poesia anche per Te « Letterariamente…
    1 febbraio 2013 at 14:26

    […] un eccesso di pietà verso gli ultimi o per l’empatia che mi lega, tante volte, a chi soffre. Martino rappresentava già bene la mia tendenza border-line. Ora, questo testo ne dà un ulteriore […]

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